16 La convocazione da parte del notaio Rossi “per urgenti comunicazioni” mi stupì mol- tissimo. Che cosa mai voleva questo notaio da me? Nullatenente,   giramondo,   lavori   precari, uno qui uno là: Francia, Germania, Norve- gia,  Stati  uniti.  Mi  ero  sempre  spostato  al seguito degli amori del momento. In Costa Azzurra avevo lavorato in un Golf Club, in Norvegia avevo dato la caccia alle balene, negli   Stati   Uniti   per   un   po’   ero   stato “accompagnatore” di anziane signore dana- rose. Niente di scabroso, per carità: sempli- cemente il mio compito consisteva nel con- sigliarle circa i loro acquisti milionari. Rientrato in Italia a fine maggio ero in un periodo di stanca. Mi guardavo pigramente intorno   alla   ricerca   di   qualcosa   da   fare quando appunto mi raggiunse la convoca- zione del notaio. Fu un fulmine a ciel sereno: la zia Carlotta, anzi   per   meglio   dire   la   prozia   Carlotta sorella di nonno Aldo padre di mia madre, mi lasciava erede di un casale in Toscana e di dieci ettari di vigneti pregiatissimi. Feci fatica  a  non  saltare  dalla  sedia  per  la  sor- presa e la felicità. Avrei potuto finalmente metter radici in Italia, avrei potuto sposare Cristina,   la   mia   ultima   fiamma   (italiana questa  volta),  sarei  diventato  un  esperto vignaiolo e avrei venduto i miei vini a tutti i numerosi amici che mi ero fatto in tutto il mondo  nel  corso  dei  miei  vagabondaggi. C’era   però   una   clausola   da   soddisfare, m’informò   il   notaio:   la   zia   Carlotta   mi avrebbe ceduto tutto quel ben di Dio a con- dizioni che mi fossi occupato personalmen- te – vita natural durante – del suo vecchio compagno  d’esistenza  al  quale  non  avrei dovuto far mancare nulla. La clausola non mi preoccupò più di tanto. L’accettai  seduta  stante  con  tanto  di  firma di garanzia e, per bruciare i tempi, il giorno seguente mi recai al cronicario nel quale zia Carlotta, causa la sua malattia paurosamen- te aggravatasi nell’ultimo anno, aveva par- cheggiato   il   suo   amatissimo   compagno. D’altra parte il Parkinson del quale soffriva non le aveva lasciato tregua e poi novanta- quattro anni sono davvero troppi per dover- si occupare ancora di un compagno. Durante il percorso verso la mia destinazio- ne canticchiavo beatamente mentre il moto- re  della  mia  vecchia Wolksvagen  girava  a tutto volume macinando chilometri. Giunto a destinazione trovai Johnny, l’ama- tissimo  compagno  di  zia  Carlotta,  molto agitato  e,  se  così  posso  dire,  di  pessimo umore,   dispettoso   e   affatto   disposto   a seguirmi. Forte delle carte rilasciatemi dal notaio, la direzione  dello  stabilimento  non  frappose ostacoli al rilascio del loro assistito, anzi ne fu  estremamente  sollevata.  Johnny  era  un rompiballe ed il suo carattere scorbutico si era   dimostrato   scarsamente   compatibile con quello di tutti gli altri ricoverati. Ci vollero tre persone per immobilizzarlo e praticargli   un’iniezione   calmante.   “Stia attento:  l’effetto,  dura  solamente  qualche ora”. Rassicurai  tutto  il  personale  e  sistemai  il vecchio  Johnny  sul  sedile  posteriore  della mia vettura. Dormicchiò tutto il tempo del breve viag- gio e quando arrivammo al cimitero scese di buon grado e mi seguì traballante. Una grande fotografia di zia Carlotta cam- peggiava sulla lapide che riportava a carat- teri dorati le date di nascita e di morte della zia. Lei vi appariva in forma smagliante: lungo abito   rosso   fuoco,   parasole   giapponese, ventaglio,  cappello  di  paglia  di  Firenze  a larga  tesa  ornato  da  lunghi  nastri  azzurri, fiori di campo e… un uccellino dalle piume variopinte in equilibrio precario sul medesi- mo: tipico abbigliamento della zia. Quando  ero  stato  suo  ospite  per  quasi  un intero anno – allora ne avevo dodici – ero rimasto affascinato dalle sue estrose accon- ciature, dalla sua vitalità e dai suoi mirabo- lanti  racconti  di  viaggio.  Mamma  si  era ammalata  di  TBC  a  quell’epoca  e  quindi non poteva occuparsi di me. Passai con zia Carlotta mesi favolosi anche perché non mi iscrisse a scuola, ma s’inte- ressò ai miei studi direttamente dato che era stata un’ottima insegnante. Le sue lezioni private mi permisero di sal- tare a pié pari la terza media e di presentar- mi   l’ottobre   successivo   direttamente   in primo liceo. Cara zia Carlotta! Per tornare a Johnny: alla vista della foto- grafia della sua amata lanciò un urlo fortis- simo   e   cercò   di   staccarla   dall’ovale   di marmo nel quale era inserita. Dire che pianse forse è troppo, certo mugo- lò, come può mugolare un vecchio spelac- chiato triste babbuino. Ebbi il mio daffare per riportarlo alla mac- china e rinchiudercelo. Post scriptum Forse, anzi certamente, i babbuini africani (che sono addomesticabili quando presi in giovane età) non mugolano, ma non so pro- prio come si chiama il verso che fanno. C’è qualcuno che me lo sa dire, per favore? Il Forum è sul nostro sito. Quali le vostre opinioni e proposte?      www.igeanews.it LA SCOMPARSA DI DIANA DREI L’EREDITÀ          Il racconto di Tilde Richelmy Lia Drei, nota pittrice e sensibile poetes- sa, abitante in Via Sangemini, ci ha lascia- to all’inizio di questa primavera. Figlia  di  Ercole  Drei,  pittore  e  scultore romano con studio a Villa Strohl Fern, a Piazza  del  Popolo,  e  moglie  del  pittore Francesco Guerrieri, Lia Drei, studiò pit- tura  e  frequentò  l’Accademia  dell’Asso- ciazione Artistica Internazionale. Protagonista del movimento strutturalista dei primi anni ‘60, fu la co-fondatrice del Gruppo 63 e dello Sperimentale p.. Parte- cipò a molte mostre  tra cui “Linee della ricerca  artistica  in  Italia”,    dal  1960  al 1980,   al   Palazzo   della   Esposizioni   di Roma - e importanti rassegne internazio- nali come le Biennali di Venezia e di San Paolo   del   Brasile.   Le   sue   opere   sono esposte   in   numerosi   Musei   italiani   ed esteri. Oltre che come artista famosa ed afferma- ta  a  noi  piace  ricordarla  come  amante della natura e del verde dei nostri giardi- ni; ogni giorno faceva una passeggiata nel Parco  di  Monte  Mario,  vicino  al  Centro Don Orione, con il suo piccolo cane e un sottile   bastone,   e   passando   vicino   alla grande   quercia   che   sta   all’inizio   del parco,  la  salutava  e    abbracciava.  Come per ringraziare la terra, la natura e la vita. (G.Credazzi) Tel. 06.35403466 - www.angolodicamilla.com - e-mail: angolodicamilla@fastwebnet.it Via Cesio Basso, 1 - 00136 Roma (angolo via Macrobio) L’Angolo di Camilla Creazioni artigianali su misura: tende - tovaglie - lenzuola - copriletto tessuti resinati Idee regalo Oggettistica americana ed inglese Al fine di modernizzare le comunicazio- ni   con   i   lettori   il   nostro   giornale,   da tempo, ha messo a disposizione il Forum del sito www.igeanews.it   che raccoglie- re  segnalazioni,  opinioni  e  proposte  del pubblico   sui   problemi   e   sulla   vita   dei nostri  quartieri.  Tuttavia  sono  ancora  in molti  i  lettori  che  preferiscono  usare  il telefono per avere un dialogo diretto con la  redazione.  Non  sempre  però  il  tempo consente   ai   redattori   di   intrattenersi   a lungo,  specialmente  quando  le  segnala- zioni  sono  articolate,  anche  perché  redi- gere  poi  una  notizia  su  appunti  presi  al volo potrebbe non rispecchiare     fedel- mente   le   situazioni   prospettate.   Senza escludere che si potrebbe   anche trattare di fandonie dettate da cattivo gusto. Ecco perché  consigliamo  ai  lettori  di  servirsi del Forum dove potranno segnalare i pro- blemi  e  le  proposte.  Del  resto  l’antico proverbio   latino   recita   “Verba   volant scripta  manent”,  pertanto  è  meglio  scri- vere che telefonare. www.igeanews per le segnalazioni